Il racconto degli anni d’oro del Cocoricò, discoteca aperta a Riccione nel 1989, l’anno della caduta del Muro di Berlino. Discoteca, ma anche molto di più: luogo di trasgressione e libertà, segno del cambiamento dei tempi. Il regista Francesco Tavella attinge a un piccolo patrimonio di filmati privati, di VHS ritrovate. E ci permette di entrare in quel luogo, in quel tempio laico che accoglieva tutte le trasgressioni e tutte le differenze. E tutto questo accadeva in anni in cui parole come diversità, inclusività, trasgressione erano ben lontane dal centro del discorso culturale e sociale. Al Cocoricò fanno tappa Franco Battiato e Ilona Staller, ma soprattutto tanta gente in cerca di uno spazio aperto, libero, nel quale liberarsi dalle paure, dal senso di inadeguatezza. Ed essere, in tutto e per tutto, se stessi.
Gli anni ’90, un’ “isola delle Rose” proprio in mezzo alla riviera romagnola, a Riccione. Libertà, creatività e trasgressione raccontate attraverso rare immagini e filmati di quegli anni.
Sono gli anni ’90, gli anni della caduta del Muro, gli anni di Michael Jackson e di Diego Armando Maradona, della fine della prima Repubblica, delle monetine su Bettino Craxi all’hotel Raphael. La riviera romagnola è stata appena narrata da Pier Vittorio Tondelli in “Rimini Rimini”. E in quegli anni, un luogo – una discoteca – incarna tutta la voglia di trasgressione di un’Italia che cambia, che cerca i confini del vivere.
È la discoteca Cocoricò di Riccione, a cui ora viene dedicato un documentario. Edonismo, divertimento, trasgressione. Ci si traveste, si entra in un grosso Luna Park, ci si sente liberi. “Al Cocoricò nessuno si sentiva a disagio, chiunque era protagonista”, racconta un testimone. Difficile cogliere l’atmosfera, il feeling e il significato di un luogo e di un tempo passati. Il documentario di Francesco Tavella sulla discoteca romagnola diretta da Loris Riccardi ci riesce. Ci riesce, utilizzando le immagini – i colori primari, i pixel grandi, i rossi che “sfondano” – di vecchie VHS ritrovate, mescolate a fotografie.
“Lì riuscivi a essere te stesso. E forse, dopo una, due, venti volte che riuscivi a essere te stesso lì dentro, riuscivi a essere te stesso anche fuori”, dice un altro frequentatore della discoteca in quegli anni. Trasgressione, liberazione. Come un immenso pride senza fine, durato anni. Il film è stato sostenuto da una campagna di crowdfunding alla quale hanno partecipato più di duecento donatori: ed è una testimonianza preziosa per esplorare il contesto storico, politico e sociale degli anni ’90.
Vediamo, nelle immagini del film, giovani post punk, e una comunità LGBTQ che ancora non aveva molto spazio, nella società fuori da quel contesto protetto. “Il Cocoricò era fatto di gente svalvolata, tutti mezzi matti, completamente esauriti, ma gente vera”, dice un altro di quei ragazzi, oggi cinquantenne. Le tre sale del Cocoricò si chiamavano Titilla, Morphine e Piramide. Dentro quel triangolo magico, un mix di libertà, trasgressione ed eccessi, con il pubblico protagonista tanto quanto la musica.



